La pancia, la testa e il voto
É il 1° marzo, mentre scrivo, e vedo le sorprese del voto di febbraio: 1) il travolgente successo del Movimento 5 Stelle, che in un sol colpo diventa il primo partito; 2) la quasi vittoria di Berlusconi che, dato per spacciato da tutti (compresi i suoi), per un soffio non riconquista il comando; 3) la stravolgente e persistente incapacità del PD di comprendere rabbie e speranze degli italiani d’oggi. É chiaro a tutti che il punto 3 spiega, da solo, una buona parte dell’1 e del 2: quella che un tempo era l’alternativa progressista, prospettata da uomini come Enrico Berlinguer, è diventato un opaco specchio affollato di uomini in carriera, detestati dalle persone che vogliono il bene comune, e pure dai cinici, che a loro preferiscono altri, più esplicitamente cinici. Resistono a votarli alcuni per antica e oggi irragionevole passione, altri per pura convenienza, mentre i più cercano, sempre di più, altrove. Ma non è questo il punto che interessa ora lo psicologo, affascinato innanzitutto dal mistero berlusconiano e da qualche aspetto del personaggio Grillo.
Il mistero berlusconiano, per me: come può uno che per i cattolici (siamo in Italia o no?) dovrebbe essere la rappresentazione perfetta del peccato; per chi rispetta le leggi il reato; per chi paga le (troppe) tasse il furbastro della porta accanto; per le donne un satiro volgare; per chi crede nella realtà uno che nega l’evidenza, eccetera, eccetera – come può avere tale consenso? L’inquietudine, per me, del personaggio Grillo: com’è possibile che la disperazione e lo sconforto per il blocco del sistema politico/sociale portino le persone a delegare a un uomo solo, che propone (urlando) dall’alto di un palco soluzioni facili di problemi terribili, e che riserva a sé il potere di decidere e pre-valere su tutti?
Non è solo possibile, è naturale. Infatti è già successo tante volte nella storia che, sotto lo stress di difficoltà troppo grandi, e in assenza di alternative (si torna al punto 3), masse intere di popolazione accettino cose che in altri momenti, meno schiacciati dal bisogno e dalla confusione, avrebbero respinto, e si consegnano spontaneamente a tiranni o truffatori (ricorda qualcosa il binomio Taranto/Cito?). Succede ogni giorno alla persona che è sotto pressione e che fa cose strane anche per se stessa (come il personaggio di Altan: «Comincio ad avere idee che non condivido»).
Questo accade perché in ognuno di noi, in tutti, anche in persone che sono o sembrano equilibrate e preparate, esiste costantemente la possibilità di funzionare mentalmente in modo scisso (borderline, si dice), e vedere il mondo in bianco e nero, popolato solo da salvatori o da nemici; con tutto il Bene da una parte (la propria, di solito) e tutto il Male dall’altra. Come quando siamo allo stadio, dove andiamo per sostenere la nostra squadra e fischiare gli avversari, o come quando siamo innamorati, e il partner si trasfigura in chi magicamente risolverà ogni nostro bisogno. É bello fare il tifo, ed è meraviglioso innamorarsi. Ma finita la partita, e oltre la passione amorosa, occorre rimboccarsi le maniche pensando a cercare, insieme agli altri, le soluzioni giuste ai problemi comuni. Dialogando. Sforzandosi di capire le ragioni degli altri. Ascoltando e rispettando la pancia, ma facendo funzionare anche la testa.
(Livù, marzo 2013)
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