Scosse e riscosse

«Buon anno di scosse e di riscosse», ha scritto Gramellini su La Stampa del 31 dicembre appena passato, augurando a tutti «…un anno di fervore. La forza irresistibile che infonde passione e concentrazione in ciò che si fa, senza perdere più tempo a lamentarsi, invidiare, rinfacciare».
Quest’augurio semplice, però, suona oggi come strano, e ho immaginato Gramellini accusato di farla troppo facile, di parlare dal sicuro del suo stipendio, di non essere in grado di capire la difficoltà grande che tante persone stanno vivendo. Ho immaginato anche che qualcuno, su Internet, lo insultasse, dandogli del venduto (La Stampa è di proprietà della Fiat…) o del complice di chissà quale complotto teso ad assopire possibili conflitti… .


Qualche giorno dopo, ho visto pubblicati i dati sui reati registrati a Milano nell’anno appena concluso. Tutti i reati, compresi quelli di maggiore allarme sociale (rapine, omicidi, stupri, furti) sono in calo rispetto all’anno precedente, il 2012, anno in cui, ugualmente, erano calati rispetto all’anno precedente. I dati di Milano sono analoghi a quelli nazionali sin qui noti, eppure tutti abbiamo la sensazione di vivere in una nazione progressivamente meno sicura. Non è così, ma allora perché pensiamo di sì?
Metto insieme questi due racconti – le prevedibili critiche all’augurio di un anno di fervore di Gramellini, e la diffusa sensazione di maggiore insicurezza mentre invece i reati diminuiscono – per dire questo: siamo talmente abituati, ormai, a sentirci in una situazione in cui va tutto male, e ogni cosa appare senza sbocchi, da ritenere scandaloso un augurio semplice e falsa una notizia vera, semplicemente perché contrasta con quello che normalmente si dice. Quel senso comune infondato, poi, produce il sentimento assurdo di essere alla fine della storia, personale e sociale.
So bene quanti problemi (perché sono sotto i miei occhi, anche in casa mia) attanagliano i quarantenni, i trentenni e i ventenni di oggi che non riescono a trovare un lavoro, per non parlare dei cinquantenni che perdono forse per sempre il lavoro che hanno sempre fatto. Ma proprio perché le difficoltà sono grandi, abbiamo la necessità di viverle come sfide dell’esistenza, da affrontare con coraggio, con fervore, con pazienza. Cercando nuove strade, interrogandoci su ciò che davvero vogliamo e, subito dopo, su cosa possiamo fare per provare a realizzarlo, andando incontro alla nostra vita. Guardandoci intorno e osservando (copiando) le strategie esistenziali di chi ha un decimo o un centesimo di quel che abbiamo noi, che abitiamo questa parte ricca del mondo. Considerando nostri maestri di vita coloro che attraversano il Mediterraneo sui barconi, o si inventano mestieri dalle loro passioni, o che mettono a frutto una qualsiasi abilità che hanno saputo costruire con impegno.

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