Provocazioni amorose

Al bisogno, sappiamo provocare, e tante volte ci sentiamo oggetto di provocazioni. Qual è il senso della provocazione, quando accade nelle relazioni più importanti della nostra vita, quelle che ci legano a genitori, o figli, o partner? Perché un bambino – che, in quanto tale, ha sempre bisogno di sentirsi protetto e amato dalla propria mamma e dal proprio padre – li tormenta attivamente con comportamenti insopportabili? Perché una ragazza che si lamenta di sentirsi perseguitata dalla vicinanza dei suoi genitori si procura dei tagli ben visibili sulle braccia, o un ragazzo che "vuole la sua indipendenza" spaventa i suoi chiudendosi in un silenzio assordante, o facendo sparire oggetti preziosi dalla casa? Perché nella coppia accade così spesso che uno dei due, pur non avendo nessuna intenzione di rompere il legame, fa esattamente ciò che l'altro detesta?


A me è capitato tante volte, nel mio lavoro di psicoterapeuta, di incontrare situazioni come quelle accennate, e di scoprire che in tanti casi quei comportanti così contradditori avevano una loro chiara e paradossale logica. La logica di chi, attraverso la provocazione, cerca amore, ma ha troppa paura (anzi ha dentro di sé la dolorosa certezza) di non riuscire ad averlo; e allora chiede mettendo a dura prova l'interlocutore. In questo modo, o l'altro sopporta e finalmente fa la cosa giusta, cioè ama incondizionatamente, oppure contrattaccando dimostra che il suo amore è scarso. Ma cos'è che spinge a ripetere la provocazione, a volte in modo sempre più drammatico? É, ancora una volta, il bisogno d'amore che, fattosi più lancinante in quanto insoddisfatto, propone nuovi test, nuove prove d'amore, con la disperata speranza che qualcosa di diverso accada.
Cosa succede, invece, in chi riceve la provocazione, e ne è oggetto? Si sente dolorosamente e ingiustamente attaccato, e reagisce istintivamente in conformità a quel sentimento, contrattaccando a sua volta. Al termine del circuito troveremo due persone ferite, che non riescono a farsene una ragione del comportamento ostile e odioso dell'altro.
Provare a chiedersi (dopo, con calma, e specie se siamo nell'ambito della relazione tra adulti e bambini o ragazzi) il perché della provocazione, è cosa un po' complicata ma utilissima. Se guardo bene l'arpione con cui mio figlio mi ha inaspettatamente colpito, potrò vedere che all'arpione è legata una corda con la quale egli sta cercando di tirarmi verso di sé; sta cercando di essere visto e rispettato; sta cercando di farmi entrare nel suo mondo, ma in un modo diverso da quanto è accaduto sin qui e con il timore che ciò non accada. Nell'ambito della coppia, e in generale tra gli adulti: chi lancia l'arpione della provocazione deve considerare inevitabile il contrattacco istintivo e doloroso di chi è colpito. É faticoso chiedersi «Cosa l'altro mi sta chiedendo davvero, con il suo comportamento per me sbagliato?», ma mi consente di non incrementare l'incomprensione reciproca; e anche di capire meglio cosa davvero voglio io, dalla persona che mi sta affianco.

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