Le basi dell'intelligenza

Silvia Bencivelli, giornalista scientifica di Repubblica che vale la pena di seguire anche sul suo sito, ha pubblicato il 10 giugno scorso un articolo – L’intelligenza fatta in casa – che vi invito a rintracciare. Lì si racconta delle ricerche sullo sviluppo del cervello degli ultimi decenni, che hanno dimostrato con chiarezza assoluta qualcosa che è assolutamente necessario sapere. L’intelligenza è la «capacità di apprendere, capire, giudicare con particolare facilità, prontezza, acutezza» (dizionario De Mauro), ed è principalmente connessa alla quantità e qualità degli stimoli che si ricevono nei primi anni di vita. Non è necessario essere neuroscienziati per intuire questo. Ma oggi le ricerche sullo sviluppo del cervello ci dimostrano perché è vero ciò che ogni persona di buon senso intuisce.

 

Abbiamo nel nostro cervello circa 100 miliardi di cellule nervose, i neuroni, identici a quelli che hanno tutti gli esseri viventi, dai vermi di pochi millimetri, che ne hanno poche  centinaia, in su. Oggi sappiamo, però, che non è il numero dei neuroni che fa la differenza tra gli esseri viventi, bensì il numero delle connessioni tra un neurone e gli altri. I neuroni degli umani comunicano tra loro attraverso 130.000 miliardi di connessioni, capaci di svolgere 10 quadrilioni di operazioni (10 alla 24esima potenza) ogni secondo. (Abbiamo nella nostra testa il sistema più complesso dell’universo conosciuto!). Il numero delle connessioni tra i neuroni cresce vertiginosamente nei primissimi anni di vita, per poi ridursi fisiologicamente e progressivamente. La nostra identità, le nostre qualità, la nostra intelligenza risiedono lì, in questo intrico di legami tra cellule, che fanno dire ad Alessandro Rossi, dell’Università di Pisa, che noi siamo l’insieme delle nostre connessioni, siamo il nostro “connettoma”.

Per svilupparsi, le connessioni tra le cellule da cui dipende l’intelligenza hanno bisogno di altre connessioni, esterne al corpo: connessioni, cioè relazioni, con adulti capaci di creare intorno ai bambini piccoli (perché sono i primi anni di vita l’età più importante!) condizioni di sicurezza (cioè protezione affettuosa) e stimoli adeguati (parole, esperienze).

 

Dall’infanzia in poi si potrà sempre rimediare alle mancanze, ma sarà sempre più faticoso man mano che da essa ci si allontana, e nessuno è mai condannato, e si dà e si riceve amore non sulla base del quoziente d’intelligenza. Però, perché non fare subito la cosa giusta, in casa, con i bambini che sono a contatto con noi? Perché non fare subito la cosa giusta nella società, sostenendo le famiglie con bambini piccoli attraverso servizi (asili nido qualificatissimi, per esempio) e sostegni diretti e personalizzati? Le risposte sono spesso banali, illogiche, senza fondamento: non c’è tempo (nelle famiglie) non ci sono soldi per servizi e sostegni (nella società). La verità è, secondo me, un’altra: siamo ancora troppo miopi nelle nostre visioni della realtà, e non vediamo le cose un po’ più distanti del nostro naso. Non vediamo abbastanza, ad esempio, che il “tempo perso” con i bambini è tempo che arricchisce la nostra vita in quello stesso istante in cui accade che siamo con loro, anche senza far niente di speciale. Non vediamo, sul piano sociale, che le risorse che non si investono per i bambini, sono soldi che a distanza di pochi anni si dovranno spendere per medicine, ospedali e carceri, cioè per rimediare ai danni che la mancanza di cure e attenzioni appropriate produce.

Su questa conclusione convergono tutti i dati i dati in nostro possesso: la semplice intuizione, le conoscenze scientifiche più aggiornate e precise, la nostra stessa umanità, fatta per intenerirsi di fronte ai cuccioli. Eppure ancora non riusciamo a dare maggiore seguito, concretamente, all’insieme di questo sapere che è insieme antico e modernissimo, e a tenerne conto nel modo giusto e vantaggioso per tutti. Abbiamo ancora da progredire, e questo è bello, ma facciamolo!

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